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In  via generale la legge dice che è vietato detenere,  acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati  come richiami vivi (art.21 lett. ee).La norma si riferisce ad animali vivi, poiché la legge ha sempre specificato  quando intendeva far riferimento ad animali morti
    Chi  leggesse solo questa norma dovrebbe concludere che si possono detenere (e quindi  allevare) solo uccelli selvatici da utilizzare come richiami vivi e che è vietato  detenere (e quindi allevare) mammiferi selvatici. Perciò un allevamento di cervi,  ad esempio, potrebbe essere creato utilizzando solo cervi già allevati; cosa che  ricorda molto il problema filosofico se sia nato prima l’uovo o la gallina. In realtà  si tratta solo di una affermazione di principio poi smentita, corretta ed integrata  da altre disposizioni. 
    Infatti  già l’art. 21, lett. bb, fa divieto di vendere,  detenere per vendere, trasportare per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonché  loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili, appartenenti alla fauna  selvatica, ma fa eccezione per le seguenti specie: germano reale (anas platyrhynchos); pernice rossa (alectoris rufa); pernice  di Sardegna (alectoris barbara); starna (perdix perdix); fagiano (phasianus colchicus);  colombaccio (columba palumbus). 
    Quindi  si possono commercializzare e detenere uccelli vivi ad uso di richiamo nonché, sia  vivi che morti, il germano reale, la pernice  rossa, la pernice di Sardegna, la starna, il fagiano ed il colombaccio, naturalmente  rispettando le norme sui richiami vivi e sulla tassidermia. Dovrebbe essere poi  chiaro ad ogni interprete che è ovvio che tutte le specie cacciabili sono detenibili  dal cacciatore, una volta morte, visto che nessuna norma lo obbliga ad abbandonare  sul posto il capo di selvaggina ucciso! Perciò la norma su germano reale e colleghi  vorrebbe in sostanza dire che queste specie, da vive, possono essere detenute e  commercializzate quantomeno a scopo di allevamento e ripopolamento e che, da morte  possono essere vendute dal cacciatore. 
    Però  l’art. 21 lett. cc, proibisce il commercio e l’acquisto (e perciò anche la detenzione)  di esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non proveniente da allevamenti,  e non ci si capisce e più nulla! Che fine hanno fatto il germano, la pernice, ecc.?  Dovrebbe essere chiaro ad ogni interprete che gli allevamenti di selvaggina vengono  fatti o per ripopolamento o per usi alimentari e che non vi è certo motivo di scrivere  in una legge che un animale allevato a scopo alimentare può anche essere venduto  e mangiato.
    Come  non bastasse, si trovano poi norme, ormai superate. L’art. 30 lett. h) vieta  di catturare o detenere fringillidi (uccelli non elencati alla lett. bb) non di  allevamento in numero superiore a cinque; però, se essi sono richiami, si applica  la norma sui richiami che consente di detenere fino a 10 esemplari. Il legislatore  non si è ricordato che fra gli uccelli selvatici usabili come richiami, non deve  essere previsto alcun fringillide fin dal 1993 (DPCM 22 novembre 1997 e L. 1° marzo 2002 n. 39). Per la stessa  ragione è rimasta nella legge la disposizione dell’art. 21 lett. q) che vieta di  usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli acquatici.
    L’art 20 regola l'introduzione dall'estero di fauna selvatica  viva, purché appartenente alle specie autoctone e solo a scopo di ripopolamento  e di miglioramento genetico e quindi, giustamente, vieta l’introduzione incontrollata  di specie non autoctone che potrebbero gravemente alterare gli equilibri naturali.  Però in mancanza di diversa disposizione si deve concludere che è libera l’importazione  di esemplari di specie autoctone o non autoctone morti, purché non appartenenti  a specie protette (in questo senso si vedano le norme sulla →Tassidermia).
    Ma che dire dell’art. 21, lett. t) che fa divieto di commerciare  fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni  a carattere gastronomico? Chiaro che per la legge può essere venduta selvaggina  morta purché per scopo diverso dall’uso in sagre e manifestazioni a carattere gastronomico,  ma era meglio prima stabilire ciò che è consentito e poi indicare i limiti.
    Ovviamente la norma riguarda sia selvaggina cacciata in Italia  che all’estero; quella italiana perché la norma non la esclude; quella estera perché  sarebbe assurdo proteggere i selvatici esteri più dei selvatici nostrani. 
    La  conclusione ricavabile da queste norme pare essere:
    - può  essere allevato ogni tipo di mammifero purché si usino animali provenienti da allevamenti;
    - si  possono allevare per fini commerciali solo uccelli appartenenti alle specie germano  reale, pernice rossa, pernice di Sardegna, starna, fagiano e colombaccio;
    - sfugge  del tutto la logica di non poter allevare qualsiasi uccello piaccia allevare (merli,  galli cedroni, ecc.) e perché il legislatore si sia dimenticato degli allevamenti  di mammiferi.
    - per  gli uccelli da richiamo valgono altre regole (vedi più avanti).
    Vediamo  ora singole problematiche.
  Cattura non temporanea
    L’art  4 c.1 LC regola la cattura non temporanea (vale a dire mediante uccisione dell’animale,  immediata o dopo la sua utilizzazione a scopo di studio); essa è consentita su ogni  specie animale a scopo di studio e ricerca scientifica ed è consentito anche il  prelievo di uova, nidi e piccoli nati. La legge parla solo di mammiferi ed uccelli  in quanto le altre specie non sono contemplate dalla normativa venatoria; troveranno  eventualmente applicazione altre norme sulla tutela dell’ambiente. Possono essere  autorizzati a questo tipo di prelievo solo gli istituti scientifici delle università  e del Consiglio nazionale delle ricerche e i musei di storia naturale
  Cattura temporanea
    La  cattura temporanea (cioè senza la previsione di una uccisione dell’animale) di uccelli  può avvenire per il loro inanellamento oppure per la loro cessione a fine di richiamo.  Tutte le specie possono essere catturate per l’inanellamento. Stando all’art. 21  lett. ee, certe specie di uccelli selvatici possono essere catturati e ceduti per  essere usati come richiami vivi; l’art. 4 specifica trattarsi di allodola,  cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, merlo, pavoncella e colombaccio. La cattura è riservata a soggetti autorizzati.
    La  legge regola la cessione dei richiami, ma non tratta della detenzione di richiami  catturati direttamente dall’interessatoné  di richiami importati dall’estero. Per questi trova però applicazione la norma dell’art.  20 che consente l’importazione solo per scopi di ripopolamento.
    Quindi  i richiami, salvo l’eccezione vista, devono provenire da allevamenti. 
  È sempre  proibito detenere mammiferi appartenenti alla fauna selvatica che non provengano  da allevamento ed è proibito prendere i loro piccoli. Se si trovano in pericolo  di distruzione o morti possono essere raccolti, ma si deve comunicare il fatto entro  24 ore all’autorità provinciale per la caccia (Art. 21 lett. o).
    Sono  le regioni che, su parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica, emanano norme per regolamentare l'allevamento,  la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili,  nonché il loro uso in funzione di richiami (art. 5 c. 1).
  L'attività di cattura per l'inanellamento  e per la cessione a fini di richiamo può essere svolta esclusivamente da impianti  della cui autorizzazione siano titolari le province e che siano gestiti da personale  qualificato e valutato idoneo dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica. L'autorizzazione  alla gestione di tali impianti è concessa dalle regioni su parere dell'Istituto  nazionale per la fauna selvatica, il quale svolge altresì compiti di controllo e  di certificazione dell'attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo  di attività (art.  5).
  Richiami vivi
    Da  quanto sopra esposto si ricava che possono essere usati come richiamo
    - uccelli  selvatici appartenenti alle specie allodola, cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, merlo,  pavoncella e colombaccio (art. 4 c.4);
    - uccelli provenienti da allevamento.
    Le regioni regolamentano l’uso  come richiami degli uccelli selvatici la cui cattura può avvenire solo in impianti  provinciali.
    Le regioni regolano l’allevamento  e l’uso come richiami di uccelli appartenenti alle specie cacciabili. Le regioni emanano altresì norme relative  alla costituzione e gestione del patrimonio di richiami vivi di cattura appartenenti  alle specie di cui all'art. 4, c. 4, consentendo, ad ogni cacciatore che eserciti  l'attività venatoria da appostamento fisso, la detenzione di un numero massimo di  dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità. Per  i cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo con  richiami vivi, il patrimonio di cui sopra non potrà superare il numero massimo complessivo  di dieci unità.
    Ogni  uccello da richiamo deve essere identificabile mediante anello inamovibile, numerato  secondo le norme regionali che disciplinano anche la procedura in materia (art.  5 c. 7).
    La  sostituzione di un richiamo può avvenire soltanto dietro presentazione all'ente  competente del richiamo morto da sostituire (art. 5 c. 8). Non è chiaro che cosa  si debba fare se il richiamo è fuggito o se lo ha mangiato il gatto!
    Per  l’art. 5 c. è vietata la vendita di uccelli di cattura utilizzabili come richiami  vivi per l'attività venatoria. Ciò in quando la cattura e la cessione sono riservate  agli impianti autorizzati dalla provincia.
    Per  l’art. 21 è vietato:
    lett.  p) usare richiami vivi, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 5;
  lett. q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia  agli acquatici;
lett. r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono.
Inanellamento
    La  cattura temporanea per l’inanellamento può essere effettuata solo da soggetti muniti  di autorizzazione rilasciata dalle regioni su parere dell'Istituto nazionale per  la fauna selvatica; l'espressione di tale parere è subordinata alla partecipazione  a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso Istituto, ed al superamento  del relativo esame finale.
    L'attività  di cattura per l'inanellamento può essere svolta esclusivamente da impianti della  cui autorizzazione siano titolari le province e che siano gestiti da personale qualificato  e valutato idoneo dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica. L'autorizzazione  alla gestione di tali impianti è concessa dalle regioni su parere dell'Istituto  nazionale per la fauna selvatica, il quale svolge altresì compiti di controllo e  di certificazione dell'attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo  di attività.
    Chiunque  abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati di darne notizia all'Istituto nazionale  per la fauna selvatica o al comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale  provvede ad informare il predetto Istituto.
  Introduzione di fauna selvatica dall'estero (art. 20 LC)
    L'introduzione  dall'estero di fauna selvatica viva, purché appartenente alle specie autoctone,  può effettuarsi solo a scopo di ripopolamento e di miglioramento genetico.
    I permessi  d'importazione possono essere rilasciati unicamente a ditte che dispongono di adeguate  strutture ed attrezzature per ogni singola specie di selvatici, al fine di avere  le opportune garanzie per controlli, eventuali quarantene e relativi controlli sanitari.
    Le autorizzazioni per le attività  di cui al comma 1 sono rilasciate dal Ministro delle politiche agricole alimentari  e forestali su parere dell'ISPRA, nel rispetto delle convenzioni internazionali.  Nel caso di specie di uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico nel  territorio europeo degli Stati membri dell'Unione europea, il Ministro delle politiche  agricole alimentari e forestali consulta preventivamente anche la Commissione europea.
  Limiti all’uso di selvatici abbattuti
  È vietato  commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni  a carattere gastronomico (art. 21 lett.t). 
    Quando è sequestrata fauna selvatica,  viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano all'ente pubblico localmente  preposto alla disciplina dell'attività venatoria il quale, nel caso di fauna viva,  provvede a liberarla in località adatta ovvero, qualora non risulti liberabile,  a consegnarla ad un organismo in grado di provvedere alla sua riabilitazione e cura  ed alla successiva reintroduzione nel suo ambiente naturale; in caso di fauna viva  sequestrata in campagna, e che risulti liberabile, la liberazione è effettuata sul  posto dagli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta, l'ente pubblico provvede  alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata  l'infrazione ove si accerti successivamente che l'illecito non sussiste; se, al  contrario, l'illecito sussiste, l'importo relativo deve essere versato su un conto  corrente intestato alla regione 
    Della consegna o della liberazione  di cui al comma 3, gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale  sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant'altro  possa avere rilievo ai fini penali. (Art. 28 comma 4 LC).
  Allevamenti e commercio  di fauna selvatica
    In questa materia occorre sempre controllare ciò che dicono  le varie leggi regionali, anche al fine di trovare conferme alle interpretazioni  sopra esposte, sicuramente non troppo chiare. Si deve sempre considerare che quando i problemi cadono in  mano alla burocrazia vi è una esplosione di norme e disposizioni (spesso del tutto  sproporzionate rispetto alla loro utilità) che il normale cittadino, anche se giurista,  non è in grado di reperire e conoscere, senza mai avere la certezza che non gli  sia sfuggito qualche cosa. 
    Ad esempio la regione Toscana ha applicato e integrate le norme  statali con le seguenti disposizioni (Legge  regionale 12 gennaio 1994, n. 3):
    Art. 43 Commercio di fauna selvatica
  È vietato a chiunque vendere, detenere per  vendere, trasportare per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti  o prodotti derivati, appartenenti alla fauna selvatica, che non appartengano alle  seguenti specie: germano reale; pernice rossa; starna; fagiano; colombaccio, e i  soggetti (pare che questi “soggetti” siano  gli animali!) provenienti dagli allevamenti di cui agli articoli 39, 40, 41  e da centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato  naturale.
  Nota:  applicazione del tutto corretta della norma statale
    La fauna selvatica morta non assoggettata a  processi di lunga conservazione, utilizza per fini alimentari, appartenente alle  specie: germano reale; pernice rossa; starna; fagiano; colombaccio; lepre; coniglio  selvatico; cervo; daino; capriolo; cinghiale nel rispetto delle vigenti norme sanitarie,  può essere commercializzata, solo durante il periodo di caccia previsto per ciascuna  delle suddette specie e per i cinque giorni successivi. Tale termine è prorogabile  fino ad un massimo di ulteriori cinque giorni dal comune competente per territorio  su istanza degli interessati.
  Nota:  opportuna integrazione della norma statale la quale sia era dimentica che non ci  sono solo uccelli ma anche tanti mammiferi. Si comprende che gli animali elencati  possono essere commercializzarti senza limite di tempo se surgelati.
    Il commercio di fauna selvatica morta proveniente  dagli allevamenti a fini alimentari di cui ai commi precedenti articolo 41 o dall'estero,  non è sottoposto alle limitazioni temporali di cui ai commi precedenti.
  Nota:  giusta precisazione, ma rimane il dubbio sulle specie commerciabili ; è consentito  importare carne di gazzella o di canguro? Ovviamente sì come dimostra il comma 4  dell’articolo 44.
    4. Sono vietate la detenzione ed il commercio  della fauna selvatica catturata o uccisa illegalmente.
    Art. 44 Introduzione di specie di fauna selvatica  dall'estero
    L'introduzione dall'estero di fauna selvatica  viva appartenente alle specie già presenti sul territorio regionale, può effettuarsi  solo a scopo di ripopolamento.
    I permessi d'importazione possono essere rilasciati  unicamente a ditte che dispongono di adeguate strutture ed attrezzature per ogni  singola specie di selvatici al fine di avere le opportune garanzie per verifiche,  eventuali quarantene e relativi controlli sanitari.
    Le autorizzazioni per le attività di cui al  primo comma sono rilasciate dal Ministero per il coordinamento delle politiche agricole,  alimentari e forestali su parere dell'INFS nel rispetto delle convenzioni internazionali.
    La fauna selvatica abbattuta da cacciatori  fuori del territorio nazionale può essere dagli stessi introdotta, ai sensi delle  normative vigenti, qualora se ne dimostri la legittima provenienza.
In materia di allevamenti di fauna  selvatica è utile la lettura di questo provvedimento della Provincia di Como con  cui nel novembre 2009 sono stati regolati gli allevamenti di fauna selvatica.
    DISPOSIZIONI  PARTICOLARI PER L’ALLEVAMENTO DI FAUNA SELVATICA A SCOPO ALIMENTARE, ORNAMENTALE  E AMATORIALE
    Art. 1 – Finalità
    La Provincia  di Como con le presenti disposizioni disciplina l’allevamento, la detenzione, la  vendita e la cessione di fauna selvatica omeoterma, in base all’art. 39 della L.R.  26 del 16 agosto 1993 e del R.R. n.16 del 4 agosto 2003, nonché nel rispetto di  quanto previsto dal Regolamento di Polizia Veterinaria di cui al D.P.R. 320 dell’8  febbraio 1954, della L. 150 del 7 febbraio 1992 in materia di commercio internazionale  di specie di fauna e flora selvatiche in pericolo di estinzione e della L. 473 del  22 novembre 1993 sul maltrattamento degli animali.
    Art. 2 – Tipologia  degli allevamenti
    1. Gli allevamenti  si distinguono in allevamenti per fini commerciali ed allevamenti senza fini commerciali,  sulla base delle tipologie previste nel R.R. 16 del 4 agosto 2003.
    - Categoria  A: allevamenti a fini commerciali, esercitati da imprese agricole legalmente riconosciute,  in cui l’attività risulti essere la sola, ovvero la principale, ai fini del reddito  d’impresa;
    - Categoria  B: allevamenti per fini commerciali, realizzati a scopo di integrazione dei redditi;
    - Categoria  C: allevamenti amatoriali e ornamentali senza fini commerciali.
    2. Gli allevamenti  a fini commerciali e di ripopolamento sono consentiti solo ai titolari di impresa  agricola.
    3. Gli allevamenti  di fauna di specie selvatiche utilizzate a fini di ripopolamento e/o per le attività  cinofile devono essere limitati alle specie autoctone.
    4. Nel conteggio  degli individui di ornitofauna selvatica allevati a scopo ornamentale e amatoriale,  appartenenti alla famiglia dei Fringillidi, non vanno considerati gli ibridi né  gli individui a fenotipo mutato.
    Art. 3 – Vincoli  particolari 1. Ai sensi dell’art. 24 comma 2 del R.R. n° 16 del 4 agosto 2003, si  dispone su tutto il territorio provinciale il divieto di allevamento del cinghiale  (Sus scrofa) e dei suoi ibridi, sia a fini commerciali che a scopo amatoriale.
    2. L’allevamento  degli Ungulati ruminanti è consentito previa richiesta di autorizzazione al Servizio  Caccia della Provincia di Como e successiva verifica a cura del Corpo di Polizia  Locale della Provincia, tesa a verificare l’idoneità delle recinzioni degli allevamenti  che devono essere allestite in modo da evitare il rischio di fuoriuscita dei capi,  tenuto conto delle specie contenute, dell’orografia e della tipologia del terreno;  a tal fine si richiede di attenersi alle indicazioni tecniche contenute nello specifico  allegato che costituisce parte integrante e sostanziale delle presenti disposizioni.
    3. Per l’allevamento  a scopo ornamentale e amatoriale di uccelli appartenenti a specie selvatiche autoctone  è necessaria l’iscrizione alla FOI (Federazione Ornicoltori Italiani) o ad altra  associazione di ornicoltori riconosciuta a livello nazionale o internazionale.
    Art. 4 – Richiesta  di autorizzazione
    1. Le autorizzazioni  per l’allevamento della fauna selvatica vengono rilasciate dal Servizio Caccia della  Provincia, previa presentazione di domanda da effettuarsi mediante modulistica appositamente  predisposta (Allegato 1).
    2. Sono eventualmente  accettate allo stesso modo domande in carta libera purché complete delle seguenti  indicazioni:
    - generalità  e residenza dell’allevatore;
    - località in  cui avrà sede l’allevamento;
    - specie di  animali che verranno allevati e tipologia dell’allevamento;
    - certificazione  atta a dimostrare la legittima provenienza dei soggetti riproduttori mediante fattura  d’acquisto o autocertificazione del venditore attestante l’avvenuta cessione dei  soggetti riproduttori;
    - relazione  tecnico-gestionale in cui sono indicate il tipo di strutture e di recinzioni esistenti,  con dichiarazione di conformità a quanto previsto dal presente regolamento, in particolare  per quanto previsto nell’art. 7;
    - dichiarazioni  di conformità a quanto previsto dalla normativa vigente per quanto riguarda le norme  di Polizia Veterinaria, sul commercio internazionale di specie di fauna e flora  selvatiche in pericolo di estinzione e sul maltrattamento degli animali.
    3. La Provincia  rilascia apposita autorizzazione, che ha durata quinquennale e può essere rinnovata.
    4. Il rinnovo  è subordinato, all’osservanza degli adempimenti indicati nell’autorizzazione ed  all’assenza nel periodo di validità precedente alla richiesta di rinnovo, di sanzioni  dovute gravi inadempienze. La domanda di rinnovo deve essere presentata almeno 6  mesi prima della scadenza.
    5. Gli allevamenti  già esistenti all’emanazione delle presenti disposizioni saranno autorizzati con  nuovo provvedimento, previa presentazione di nuova richiesta o di conferma di quella  precedente.
    Art. 5 – Registro  di allevamento
    1. Per gli allevamenti  di categoria A e B, la Provincia rilascia all’atto dell’autorizzazione un apposito  registro vidimato (allegato 2).
    2. In tale registro  debbono essere indicati:
    - la specie,  il sesso se identificabile, il numero dei riproduttori e la loro origine documentata;
    - l’eventuale  contrassegno;
    - il numero  di animali nati, morti, acquisiti e ceduti, con l’indicazione dei soggetti cedenti  e cessionari;
    - gli eventi  patologici significativi.
    3. Al registro  devono essere allegati i verbali dei controlli sanitari ed amministrativi.
    4. Il registro  deve essere sempre tenuto nei locali dove ha sede l’allevamento, a disposizione  dei soggetti preposti alla vigilanza. 5. Al fine di aggiornare l’anagrafe degli  allevamenti, copia del registro riferito al 31 dicembre dell’anno appena concluso,  deve pervenire alla Provincia entro il 31 gennaio di ogni anno. 6. La tenuta di  tale registro non è obbligatoria per gli allevamenti di fagiano, starna, pernice  rossa, quaglia e anatra germanata.
    Art. 6 – Contrassegno  e marcatura individuale dei mammiferi
    1. Negli allevamenti  di mammiferi tutti gli animali, con la sola esclusione della lepre comune, vanno  marcati mediante apposito microchip rilasciato dall’ASL. Le spese relative all’acquisto  dei microchip sono a carico del titolare dell’allevamento.
    2. In casi particolari,  stabiliti dal Servizio Veterinario della competente ASL, la marcatura può avvenire  anche tramite altri dispositivi concordati con il Servizio Veterinario.
    3. Il numero  del contrassegno va riportato nel registro di cui all’art. 5 del presente Regolamento.
    4. La marcatura  degli animali nati nell’allevamento avviene entro un mese dalla nascita con conseguente  comunicazione, entro 10 giorni, alla Provincia – settore Caccia e Pesca - da parte  dell’allevatore, per mezzo di apposito modello predisposto (allegato 3)
    5. La marcatura  degli animali nati all’esterno dell’allevamento è autorizzata dalla Provincia competente,  sulla base della certificazione comprovante la loro acquisizione legale (allegato  4).
    Art. 7 – Contrassegno  e marcatura individuale degli uccelli
    1. Negli allevamenti  di uccelli a scopo ornamentale e amatoriale, ad esclusione del fagiano, della starna,  della pernice rossa, della quaglia e dell’anatra germanata, tutti gli esemplari  devono essere detenuti previa marcatura per mezzo di apposito anello inamovibile.
    1. Gli esemplari  di avifauna nati in cattività vanno segnalati entro l’anno in corso alla Provincia,  mediante il modello predisposto (allegato 5) e devono essere regolarmente marcati  o inanellati con anello chiuso, conforme alle disposizioni previste dalla Commissione  Tecnica Nazionale della FOI o da altra associazione ornitologica nazionale o internazionale  riconosciuta e deve riportare il numero di matricola dell’allevatore, nonché l’anno  di nascita ed il numero di individuazione dell’animale. Tale inanellamento deve  avvenire entro 10 giorni dalla nascita.
    2. Sono ammessi  l’allevamento e la detenzione di volatili provenienti da paesi esteri purché adeguatamente  inanellati e accompagnati da documentazione identificativa comprovante la nascita  in cattività.
    3. La marcatura  degli animali nati all’esterno dell’allevamento è preventivamente autorizzata dalla  Provincia, sulla base della certificazione comprovante la loro acquisizione legale  (allegato 6). Art. 8 – Recinti e strutture di stabulazione
    1. Gli allevamenti  di mammiferi devono garantire strutture di recinzione tali da impedire la fuga dei  soggetti detenuti, nonché essere provvisti di idonei dispositivi per la cattura,  da utilizzare sia per la marcatura dei soggetti che per ogni altra eventuale operazione  che richieda la manipolazione degli animali. Queste strutture devono essere descritte  nella relazione tecnico-gestionale da allegare alla richiesta di autorizzazione  all’allevamento.
    2. Le strutture  dell’impianto nonché le tecniche di produzione e di ambientamento per gli allevamenti  di specie destinate al ripopolamento e/o detenute per fini anche amatoriali, devono  garantire il mantenimento della rusticità e delle caratteristiche comportamentali  degli individui. A questo riguardo si rimanda a quanto stabilito dall’INFS:
    - Galliformi,  da 1 a 30 gg: 0.02-0.5 mq / capo;
    - Galliformi,  oltre 30 gg: 0.5 – 2.0 mq/capo in voliera;
    - Lepri in recinti  di preambientamento: 100 mq/capo;
    - Ungulati:  5.000 mq / capo.
    3. Per la detenzione  di un singolo soggetto di avifauna allevata a scopo ornamentale o amatoriale, l’allevatore  deve disporre di una gabbia di capienza interna minima di 26 decimetri cubici. Per  l’allevamento di più animali nella stessa gabbia o voliera deve comunque essere  garantito uno spazio vitale minimo di 18 decimetri cubici per soggetto.
    4. Tutte le  strutture di detenzione devono essere collocate in ambiente salubre, adeguatamente  aerato, dove vengono previste periodiche operazioni di disinfestazione e disinfezione.  Le gabbie utilizzate a fini espositivi, essendo per uso temporaneo, sono individuate  in quelle approvate dalla C.O.M. (Commissione Ornitologica Mondiale).
    Art. 9 – Prelievo  e cessione degli animali
    1. I capi allevati  debbono essere prelevati con i normali mezzi di cattura previsti per le diverse  specie. Il prelievo con i mezzi di cui all’art. 13 della L. 157/92 (Mezzi per l’esercizio  dell’attività venatoria), è consentito per esigenze di carattere strettamente sanitario  e previo apposita autorizzazione dell’autorità sanitaria.
    2. L’abbattimento  dei capi allevati a scopo alimentare è consentito durante tutto il corso dell’anno  solare. La macellazione deve avvenire nel rispetto della normativa vigente in materia.  Gli esemplari prodotti possono essere ceduti unicamente a centri di macellazione  riconosciuti ai sensi della normativa vigente o ad altro analogo allevamento autorizzato.
    3. Al momento  della cessione degli animali, l’allevatore deve rilasciare all’acquirente, oltre  ai documenti di natura fiscale, una ricevuta attestante il nominativo e, se previsti,  gli estremi di autorizzazione dell’allevatore, il nominativo dell’acquirente, la  specie, il numero identificativo dell’individuo, quando previsto per l’allevamento,  e il numero totale di capi ceduti.
    4. Gli allevamenti  a scopo amatoriale o ornamentale possono cedere in forma gratuita i soggetti allevati,  purché accompagnati da modello prestampato fornito dalla Provincia (allegato 7).  5. Gli esemplari di specie destinate al ripopolamento potranno essere ceduti esclusivamente  ai soggetti legittimati all’attività di ripopolamento o ad altri allevatori autorizzati.
    Art. 10 – Anagrafe  degli allevamenti
    1. Presso la  Provincia, Servizio Caccia, è istituita l’anagrafe degli allevamenti, aggiornato  annualmente, in cui vengono indicati la denominazione, la tipologia di allevamento,  le specie allevate, il numero di riproduttori per specie, il numero di capi prodotti  per specie, in numero di capi acquisiti, il numero di capi ceduti.
    2. Al fine di  aggiornare l’anagrafe degli allevamenti di cui sopra, i titolari sono tenuti ad  inviare comunicazione al Servizio Caccia della Provincia (Allegato 8). Sono esentati  da questa comunicazione gli allevamenti a scopo ornamentale e/o amatoriale in cui  la riproduzione di queste specie viene impedita, tramite separazione degli esemplari  di sesso diverso.
    Art. 11 – Norme  sanitarie
    1. Tutti gli  allevamenti sono soggetti al rispetto delle norme sanitarie vigenti, nonché al regolamento  di Polizia Veterinaria e all’obbligo di adottare misure per garantire il benessere  degli animali.
    2. Ogni allevatore  deve disporre di apposita struttura per l’isolamento di selvatici malati o portatori  di patologie in atto, accantonando gli animali morti per cause non naturali per  i successivi accertamenti sanitari e deve segnalare al servizio veterinario dell’ASL  territorialmente competente, ai sensi di legge, situazioni patologiche di natura  epidemica in atto o sospette.
    Art. 12 – Revoca  dell’autorizzazione
    1. La revoca  dell’autorizzazione di allevamento è disposta dall’Amministrazione provinciale,  con proprio atto, in caso di recidiva nella mancata ottemperanza dei singoli obblighi  e prescrizioni del presente regolamento o delle normative vigenti in materia.
    2. L’autorizzazione  può essere nuovamente rilasciata previa regolare richiesta, a far data dal compimento  del terzo anno dall’avvenuta revoca.
    Art. 13 – Verifiche,  controlli e vigilanza 1.La Provincia effettua controlli e vigila sulla corretta  applicazione delle norme previste dal presente regolamento tramite il Corpo della  Polizia Provinciale.
    2. La vigilanza  è altresì affidata ai soggetti di cui alla vigente normativa in materia di caccia.
    Art. 14 – Disposizioni  finali
    1. Gli allevamenti  già esistenti all’emanazione del presente regolamento devono adeguarsi entro e non  oltre 120 giorni.
    2. Per quanto  non previsto dal presente regolamento si rinvia alle Leggi e ai Regolamenti vigenti  che disciplinano la materia.
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       - Edoardo Mori | 
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